Accoglimento totale delle domande del contribuente: annullata integralmente la cartella di pagamento per credito IVA da dichiarazione omessa. Principio di neutralità Iva e omissioni pandemiche – Difesa dell’Avv. Andi Kulla

La Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma, Sezione 39, con sentenza n. 7267/2025 depositata il 21 luglio 2025 e comunicata il 10 settembre 2025, ha pronunciato una decisione di particolare rilevanza in materia di crediti IVA derivanti da dichiarazioni omesse, accogliendo integralmente il ricorso presentato dall’Avv. Andi Kulla del Foro di Roma e annullando completamente la cartella di pagamento impugnata dalla società ricorrente.

La vicenda trae origine da una cartella di pagamento di euro 19.449,28 notificata alla società il 6 maggio 2024, emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 54 bis del DPR 633/1972. L’Agenzia delle Entrate aveva disconosciuto un credito IVA di euro 13.554,00 relativo all’anno 2019, indicato dalla società nella dichiarazione IVA 2021 per l’anno d’imposta 2020, contestando che tale credito derivasse da una dichiarazione IVA 2020 (relativa al periodo d’imposta 2019) presentata tardivamente il 30 aprile 2021 e quindi considerata “omessa”.

La cartella comprendeva, oltre al recupero del credito, sanzioni per euro 1.500,00 e interessi per l’indebito utilizzo in compensazione di euro 5.000,00 del credito contestato, per un totale di euro 19.443,40 oltre diritti di notifica.

L’Avv. Andi Kulla ha articolato la difesa su due profili principali. In primo luogo, ha sostenuto il diritto al riconoscimento del credito IVA dell’anno 2019, richiamando la consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui l’omessa presentazione della dichiarazione IVA non preclude al contribuente la possibilità di usufruire del credito maturato nel corrispondente anno d’imposta, purché ne dimostri l’effettiva esistenza.

Veniva altresi prodotta ampia documentazione contabile (registri delle fatture emesse e acquisti, liquidazioni IVA 2019) per dimostrare la legittima formazione del credito, evidenziando come la società avesse rispettato tutti gli adempimenti sostanziali previsti dalla normativa IVA. Particolare rilievo è stato dato al principio di neutralità dell’imposta, secondo cui ciò che rileva ai fini della detraibilità è il carattere sostanziale ed effettivo del credito, mentre la violazione formale dell’omessa dichiarazione non implica l’impossibilità di detrazione.

A seguito della notificazione del ricorso, l’Agenzia delle Entrate ha riconosciuto parzialmente le ragioni del contribuente, disponendo con provvedimento del 19 agosto 2024 lo sgravio di euro 16.933,67, corrispondente all’intero credito IVA contestato. L’Amministrazione ha tuttavia mantenuto la pretesa relativa alle sanzioni e agli interessi per euro 2.328,00, sostenendo che la società non poteva utilizzare in compensazione un credito non risultante da alcuna dichiarazione fiscale.

Nelle controdeduzioni, l’Ufficio ha ribadito la legittimità della sanzione del 30% applicata per l’indebito utilizzo in compensazione del credito IVA, argomentando che l’omessa presentazione della dichiarazione precludeva l’utilizzo del credito stesso.

L’Avv. Andi Kulla ha contestato la pretesa residua, evidenziando come l’utilizzo in compensazione di crediti per importi pari a 5.000 euro rientrasse nella soglia di compensazione libera prevista dalla normativa vigente, che non richiede alcun adempimento preventivo per importi fino a tale limite.

Veniva altresi sottolineato come la giurisprudenza di legittimità abbia chiarito che l’utilizzo in compensazione di crediti IVA per importi superiori al limite di legge in anticipo rispetto ai termini previsti costituisce violazione sostanziale solo per importi superiori alla soglia, confermando a contrario che per importi inferiori non sussiste alcuna violazione. Inoltre, veniva posta l’attenzione sulle difficoltà riscontrate durante il periodo di pandemia, che dovevano necessariamente essere tenute in considerazione, nella valutazione della condotta complessiva del contribuente.

La Corte di Giustizia Tributaria ha accolto integralmente le argomentazioni della difesa. I giudici hanno preliminarmente dichiarato l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere nei limiti dello sgravio di euro 16.933,67, riconoscendo la fondatezza delle ragioni del contribuente sul credito IVA.

Quanto alla parte residua, la Corte ha accolto il ricorso con una motivazione di particolare interesse, evidenziando due profili decisivi. In primo luogo, ha riconosciuto la bontà della documentazione prodotta dal contribuente, confermando l’effettiva esistenza e spettanza del credito IVA contestato. In secondo luogo, ha valorizzato il particolare momento storico in cui si è verificata l’omissione, osservando che “i termini di presentazione della dichiarazione IVA 2020 (anno di imposta 2019) cadevano nel pieno periodo del COVID con le frequenti chiusure degli esercizi commerciali e le pesanti limitazioni all’operatività della macchina amministrativa, compresa quella degli studi professionali”.

La Corte ha quindi qualificato l’errore commesso dalla ricorrente come rientrante “nella categoria degli errori meramente formali”, applicando un principio di particolare favore per le violazioni commesse durante l’emergenza pandemica.

La sentenza assume particolare rilevanza per diversi aspetti. Sul piano sostanziale, conferma l’orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui il principio di neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che l’eccedenza d’imposta deve essere riconosciuta dal giudice tributario qualora il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, anche in caso di dichiarazione omessa.

Particolarmente significativa è la considerazione del contesto pandemico come elemento di valutazione della condotta del contribuente, aprendo prospettive interessanti per analoghe situazioni verificatesi durante l’emergenza COVID-19. La Corte ha infatti applicato un criterio di particolare benevolenza verso le violazioni formali commesse durante il periodo pandemico, riconoscendo le oggettive difficoltà operative che hanno caratterizzato quel periodo storico.

La pronuncia si inserisce nel solco della giurisprudenza consolidata che ha progressivamente affermato il principio secondo cui il diritto alla detrazione non può essere negato nel giudizio di impugnazione della cartella emessa a seguito di controllo formale automatizzato qualora sia dimostrato in concreto che si tratti di acquisti effettuati da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili.

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